Teatro

Drusilla Foer: "Viviamo un momento in cui le persone hanno bisogno di essere ascoltate"

Drusilla Foer
Drusilla Foer © Serena Gallorini 

In tournée con lo spettacolo Eleganzissima, Drusilla Foer si è raccontata in questa lunga intervista: la famiglia, la carriera e piccoli camei di sé.

Chiunque può averla incrociata: in televisione, al cinema, nei servizi fotografici. Ma è a Teatro che va seguita perché è nello spettacolo Eleganzissima (DATE TOUR) che Drusilla Foer esplode in tutta la sua onestà, umana e artistica.

Raffinata, comica, poetica, umana: questi sono solo alcuni aggettivi che le si possono attribuire e ne limitano comunque le caratteristiche e capacità. Parola di chi ha avuto il privilegio di intervistarla e che vorrebbe tenerla sul comodino la sera e ricevere stimoli creativi prima di addormentarsi.


Un musical stile Broadway per raccontarti: questione di stile o di esistenza veramente da sogno?
E’ una scelta di gusto, influenzata dalla mia lunga permanenza in America e all’Avana. La formula recital è sicuramente quella più accettata, più promossa in Italia dato che non appartiene alla nostra cultura. E’ nato un bel contenitore dal mio amore per la musica, amore che si è sviluppato in famiglia e che mi ha fatto capire quanto sia importante l’ascolto. Se non c’è ascolto non si può stare dentro a quello che si recita. 


E’ una roba buffa ma nasce dal fatto che io e i miei fratelli, amavamo fare una cosa proibita: entrare nell’armadio guardaroba della mamma. Indossavamo i suoi abiti e ognuno di noi faceva qualcosa. 
Le mie sorelle gemelle erano Stanlio e Ollio, mio fratello ad esempio indossava un indumento particolare e ci terrorizzava, io cantavo. Ho iniziato a cantare con mia mamma che mi accompagnava al pianoforte. Da questi episodi è nata la necessità ma anche la naturalezza nel raccontarsi.

Nella costruzione dello spettacolo, sei partita dai ricordi ai quali hai poi ricollegato un brano per te importante o viceversa?
Finalmente! Questa è una domanda che nessuno ancora mi ha fatto. Hai presente le porte del saloon? In realtà uno da la spallata all’altro. Mi ricordo un episodio, un giorno mio padre si è messo a canticchiare ‘Serenata Celeste’, diceva che la aveva in testa e non usciva più. Tanto che la mia mamma ad un certo punto si lamentò ‘va bene cantala tutta così questa cosa finisce’. A volte arriva un ricordo sonoro, ti parte in testa se è intenso e ti porta subito a quel luogo emotivo a cui è legato. Non a tutti i ricordi sono legate le canzoni, ad esempio l’incontro con il mio amico che suonava le carte dei cioccolatini non è segnato da una musica, ma incontrai Don Backy che non conoscevo, mi raccontò la storia della sua canzone ‘Sognando’ e ho trovato fosse perfetta. E’ come se una cosa va alla ricerca dell’altra. Di certo nella scelta non c’è vanità, evito di raccontare episodi solo perché mi piacciono. 

© Serena Gallorini


Viviamo un momento in cui le persone hanno bisogno di essere ascoltate, c’è una forte necessità di emotività, di sincerità artistica. Certo detto da me può risultare fuori luogo ma sul palco sono totalmente sincera. Non amo il teatro retorico, cerco di evitare situazioni nelle quali si assiste in platea e ci si trova di fronte un testo brutto. Bisogna essere onesti artisticamente, proteggere dall’anaffettività, da questa quasi assenza di umanità, questo provo a fare.

Eleganzissima. In realtà chi detta legge, la Drusilla elegante o quella ganza?
Trovo eleganza nella naturalezza, non nell’estetica. Ci sono donne perfettamente abbigliate, curate e poi di elegante non hanno nulla. Quindi si, per me l’eleganza alberga in un comportamento naturale, dove c’è verità. Poi sono ganzissima, sicuramente. La ganzaggine fa parte della mia fortuna, quella di avere ricevuto un’educazione non convenzionale. Sono stata educata a esprimere un’opinione solo se si hanno gli strumenti. E poi non ho pregiudizi, ma questo è solo un colpo di culo, è una grazia ricevuta. L’essere ganza ti fa aprire al mondo, godere delle meraviglie ma anche dei lividi della vita.

Quando hai capito di essere un’Artista?
Non riesco a dire se sono un’artista. E non è modestia o finta umiltà, non mi ci sento. Si certo, ho attitudine, talento e grazia. So che faccio delle cose ma alle quali non so applicare un logo artistico.

© Serena Gallorini 


C’è uno spettacolo che ha segnato le tue scelte?
Si, in realtà sono due. Uno lo vidi quando tornai a Firenze, ‘Maria Stuarda’ interpretata da Valentina Cortese e Rossella Falk. Costumi magnifici, recitazione perfetta ma quello che mi ha colpita è stato il rapporto in scena che avevano loro, il loro modo di stare sul palco, quello di due grandi star in competizione, rispetto, venerazione, odio dell’attesa, tentativi di rubare la battuta. Poi l’altro spettacolo è ‘Un Miracolo’ di Alfredo Bianchini, artista immenso maestro di Paolo Poli, quello che ha introdotto il recital cantando nel primo ‘900.

L’amore: quanto ha influenzato la tua vita di donna e artista?
L’amore l’ho avuto accanto, davanti e dietro di me ma non è mai stato sopra a schiacciarmi. Sono stata molto amata, non molto desiderat,a anche se qualche volta mi sono sentita femmina, ma soprattutto amata. Sono rimasta sconvolta per la perdita di mio marito, se n’è andato come una farfalla. Sono stata circondata dall’amore dei miei genitori. Per loro la maggiore età si raggiungeva nel momento in cui una donna era in grado di procreare, quindi sostanzialmente a 14 anni. Mi hanno detto ‘da questo momento sei in grado di prendere le tue decisioni in autonomia. Ti sosterremo, proteggeremo ma non prenderemo mai decisioni al posto tuo’. Una grande libertà ma anche un macigno. 
L’amore è una responsabilità. Vuol dire accettare i limiti altrui e accettarsi nei propri. Pensa che il primo bacio è stato con una donna, una mia amica, dopo aver parlato tanto, in realtà è stato un proseguire la conversazione in altro modo… però di certo l’amore non è stato mai calpestato.

Cos’è che gli uomini non dicono?
Gli uomini in realtà dicono, ma ammettono difficilmente. Noi donne ammettiamo con i si e no, ammettiamo le nostre responsabilità, le fragilità, i limiti personali e nel rapporto. C’è differenza ad esempio tra dire di un tradimento e ammetterlo, per gli uomini l’urgenza sta nel dire, per le donne nell’essere dirette. Questa è un’attitudine femminile.


Se dovessi dare voce a un personaggio maschile, chi porteresti sul palco e per raccontare cosa?
Che domanda… fammi riflettere… penso un rapitore. Negli anni 80 accompagnavo mio nipote al collegio frequentato da figli di aristocratici, famiglie bene eccetera e ricordo che i suoi amici erano sempre circondati da energumeni, guardie del corpo perché in quel periodo si rapivano bambini abbienti. A noi non ci si filava nessuno, secchi e lunghi passavamo per figli di tedeschi! Ecco, mi piacerebbe scoprire cosa prova un rapitore, perché il rapito soffre della mancanza di libertà, ma come ci si sente a sottrarre la libertà altrui? Potrebbe essere un bel conflitto il rapporto tra il gesto compiuto e quello che la persona è.

Un’anticipazione sui prossimi impegni?
Oltre la tournée dello spettacolo, stiamo pensando già a un Eleganzissima 2 il ritorno, visto che di cose da dire ce ne sono ancora molte. Proseguo con la partecipazione televisiva al Chiambretti ed è in lavorazione uno spettacolo, sempre in collaborazione con Franco Godi, un Amore e Psiche dal punto di vista di Venere, che è vecchia, stanca di essere perfetta e vive a Parigi. Dovrebbe debuttare la prossima estate.
 

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